Presentata nel 1948, la 2CV (due cavalli) è stata una delle macchine più fortunate del Novecento, prodotta dalla Citroen dal luglio 1949 fino al 27 luglio 1990, giorno in cui esce dalla fabbrica l’ultima 2CV.
La macchina nasce per fornire ai francesi un’utilitaria di basso costo, adatta a ogni tipo di guidatore. Rimane storica la richiesta fatta dal direttore della produzione alla squadra di design: «Faccia studiare dai suoi servizi una vettura che possa trasportare due contadini in zoccoli e 50 kg di patate, o un barilotto di vino, a una velocità massima di 60 km/h e con un consumo di 3 litri per 100 km. Le sospensioni dovranno permettere l’attraversamento di un campo arato con un paniere di uova senza romperle, e la vettura dovrà essere adatta alla guida di una conduttrice principiante e offrire un comfort indiscutibile.»
Oltre a questo, la macchina doveva consumare poco, e doveva essere accessibile anche come riparazione, perché tutti potessero metterci le mani; l’ultima pittoresca richiesta era che il conducente doveva poter guidare con il cappello in testa.
La 2CV poteva fare tutto questo (il test del paniere di uova venne effettivamente svolto su un campo arato riparato da sguardi indiscreti, chiuso da un alto muro): in più, aveva un aspetto simpatico, merito anche del designer italiano Flaminio Bertoni. Simpatico era lo “sguardo” dei fanali esterni, il modo curioso con cui si aprivano i finestrini, il cambio al centro del cruscotto… Così la 2CV diventa negli anni simbolo di gioventù, di visione alternativa, di colore e di una certa libertà europea: è per esempio la protagonista di Alla rivoluzione sulla due cavalli, libro di Marco Ferrari e poi film di Maurizio Sciarra.
È un ottimo esempio di storia del design, di arte applicata e, infine, di macchinina riconoscibilissima.