Il 5 luglio 1884 viene posata, sulla Liberty Island al largo di New York, la prima pietra della Statua della Libertà, un monumento a lungo pensato per siglare l’alleanza, dai due lati dell’Atlantico, tra le due repubbliche francese e americana e, indirettamente, celebrare i cento anni delle rispettive rivoluzioni.
La Statua della Libertà nasce infatti come dono della Francia al popolo degli Stati Uniti, e fu fortemente voluta dallo scultore Frédéric-Auguste Bartholdi, aiutato prima dall’architetto Violet Le Duc, poi da Gustave Eiffel: una statua così colossale aveva infatti bisogno di una soluzione ingegneristica anche per garantirne la realizzazione e la tenuta. Dentro, la statua ha una struttura reticolare in acciaio, cui si appoggia un rivestimento in fogli di rame sagomati e rivettati.
La libertà è raffigurata in forma sobria, composta; per capirsi, non è quella che guida il popolo a petto nudo in un famoso quadro di Delacroix. La libertà di Bartholdi ha uno sguardo lontano, indossa una classica toga, e tiene in mano la Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America (ovvero, la data della sua proclamazione, 4 luglio 1776).
L’unico moto, l’unico slancio di questa statua è quello che tiene alta la fiaccola, la luce che illumina la nazione e le scelte delle persone: la stessa corona che indossa è fatta di raggi di luce.
La libertà, in questa versione, è la luce che guida le scelte.
La sua collocazione, però, la fa diventare ben presto un’altra cosa: Liberty Island si trova accanto a Ellis Island, l’isola presso cui verranno decise e schedate le ammissioni degli immigrati europei. La libertà è allora la luce alla fine di una lunga traversata, una speranza, un faro.
È un monumento iconico, molto riconoscibile, con cui si può giocare. Se indossiamo un lenzuolo, cosa potremmo tenere nelle due mani? Cosa terremmo oggi, noi, al posto della Dichiarazione del 4 luglio? E cosa terremmo al posto della fiaccola? Fotografiamoci!
Foto di Florian Cordillot su Unsplash