Il ricalco, scrive Sabina Minuto, ti obbliga a smontare un testo, conoscerne la struttura e rimodellarla sul pensiero o sentire personale. Non è parafrasare: é carpirne fino in fondo i segreti

Sono giorni di lavoro, questi, in cui incontro tanti colleghi. In tutte le occasioni di formazione che ho avuto ho sperimentato e messo in pratica con i partecipanti il ricalco. A me piace tanto. Mi piace perché permette a ciascuno di noi di stare occhi negli occhi con un « maestro » e di poterlo sondare fino in fondo.

Cosa è il ricalco nel WRW? É una pratica didattica che consiste nello smontare un testo ( poesia o brano in prosa, breve) conoscerne la struttura e quindi rimodellare questa struttura sul nostro pensiero o sul nostro sentire. Per i miei studenti,  che spesso non hanno le parole per dire e nominare le cose,  è di grande  potenza e soddisfazione. In pratica possiamo tutti sperimentare, in questo modo, che le parole sono per tutti, anche per chi pensa di non averne o di non conoscerne abbastanza.

Ho fatto tanti ricalchi in questi anni con i ragazzi  e sempre i risultati sono stupefacenti. Ricalcare é più che parafrasare, é fare proprio un testo, carpirne fino in fondo i segreti. Abbiamo ricalcato nel nostro percorso sulla memoria la poesia di Eugenio Montale “ Non recidere forbice”,  ad esempio.

Tutti hanno trovato le parole per parlare, a  loro modo,  del tempo che cancella i ricordi. Hanno rielaborato con parole nuove di zecca i profondi concetti di Montale. Il correlativo oggettivo è stato di sicuro appreso, non a livello teorico ma sperimentando con le proprie mani  come accostarsi al mondo della poesia.

In questo modo anche il “copiare” assume una valenza importante. Come in una bottega artigiana si impara dai modelli alti, imitando e riproducendo. Anche una pratica spesso ritenuta inaccettabile a scuola, riceve così  una nuova dignità didattica. Tutti abbiamo imparato copiando, imitando il meglio di altri, guardando a chi fa e fa con autorevolezza e competenza.

Ricalcare non è parafrasare: è una operazione diversa che ti scioglie dagli impicci della sintassi che spesso sono “lacci”, ma ti aiuta a comprendere in profondità un autore.

Un altro lavoro riuscito è stato il ricalco da Erri De Luca. Abbiamo scelto “Considero valore” perché l’anafora rende facile la ricostruzione di un testo. Ci siamo arrivati dopo la lettura del romanzo “Niente di Janne Teller che ci ha messo a dura prova. Un testo durissimo che per me è stata un po’ una scommessa. Alla fine della lettura ad alta voce ho voluto riconsiderare la parola «valore» con i miei studenti di quarta e spontaneamente ho scelto subito la poesia di De Luca.

Hanno lavorato per due ore e quasi non volevano smettere. Alcuni hanno fatto due, tre ricalchi. Sembrava quasi una pratica liberatoria.  I risultati sono potenti.

Cos’è che fa funzionare questa attività?

Mi viene in mente Franco Arminio che in Cedi la strada agli alberi, poesia che amo, dice che oggi occorre togliere più che aggiungere, rallentare più che accelerare.

In fondo nel ricalco togliamo: togliamo al testo la distanza con cui di solito lo si guarda e lo avviciniamo senza aggiungere, solo con la sua struttura nuda e cruda. Ricalcando i grandi rallentiamo anche il ritmo forsennato a cui spesso la scuola ci costringe. Hai fatto Montale? Sì posso rispondere lo hanno fatto davvero gli studenti. Hanno letto, e rallentando i tempi si sono calati dentro il mondo delle parole.

Il ricalco in fondo è anche una pratica didattica democratica: non esclude ma include, non allontana ma avvicina. Ti rende partecipe della carne della letteratura, del libro. Proprio come ci ricorda Massimo Recalcati nel suo ultimo testo “Il miracolo avviene attraverso la trasformazione del libro in corpo”.

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