Il 5 luglio 1937, Hormel, un produttore di cibo in scatola, lancia sul mercato una spalla di maiale cotta: è la carne in scatola di maggior successo al mondo, divenuta proverbiale grazie anche alla sua diffusione nella seconda guerra mondiale, sia come alimento per le truppe che come rifornimento per le popolazioni.
Le vere origini del nome non sono note, ma è probabilmente una contrazione di Spiced Ham, come sta scritto sulle prime scatole: è di fatto un prosciutto di un taglio meno nobile del maiale, cotto e conservato. Dal punto di vista nutrizionale, lo Spam ha ricevuto diverse critiche, fondamentalmente perché il contenuto di grassi e proteine di una singola porzione è superiore al fabbisogno di una persona media.
Nel 1970 il gruppo comico britannico Monty Python dedica allo Spam un memorabile sketch a chiusura delle seconda puntata del Flying Circus trasmesso dalla BBC: in un bar di aspetto quantomeno modesto, il cameriere propone dello Spam per pranzo; quando i clienti chiedono cosa altro c’è, viene loro proposto “egg and Spam”, “egg bacon and Spam”, “Spam egg sausage and Spam”, e “Spam egg Spam Spam bacon and Spam”. L’episodio si conclude con un coro di vichinghi che allegramente canta “Lovely Spam, Wonderful Spam”.
Lo stesso musical tratto dal film dei Monty Python dedicato alla ricerca del sacro Graal si chiama Spamalot, dal verso di una delle canzoni: “We dine well here in Camelot/We eat ham and jam and Spam a lot”.
Quando negli anni Novanta la comunità informatica ha cercato un nome per definire la comunicazione massiccia di pubblicità non richiesta, “spam” è diventato il termine che indica ogni mail “spazzatura”: era una citazione diretta dello spot in cui il cameriere parla infilando la parola SPAM in ogni proprio discorso.
È così: ogni discorso, ogni comunicazione “in scatola” che ci arriva, è probabilmente spam. Lo capiamo da quanto è nutriente, e da quante altre alternativi ci sono sul menu (se non ce ne sono, è spam).
Foto di Hannes Johnson su Unsplash