La riflessione di Sonia Coluccelli sul punto sette del decalogo di Galli della Loggia: cellulare a scuola sì, cellulare a scuola no? Quale processo viene agevolato dall’uso dello smartphone e quali vengono invece ostacolati?

Il settimo punto del decalogo di Galli della Loggia affronta un tema di quelli scivolosi: “Per superiori ragioni di igiene antropologico-culturale divieto assoluto agli studenti (pena il sequestro) di portare non solo in classe ma pure all’interno della scuola lo smartphone. Possibilmente accompagnato dalla proposta di legge di vietarne comunque la vendita o l’uso ai minori di 14 anni (divieto che evidentemente non vale per i semplici cellulari)”.

SMARTPHONE museo scuola
C’è un tratto nostalgico in tutto questo decalogo; l’idea di un rassicurante ritorno al passato che non obblighi ad affrontare la complessità del presente, a gestire la ricerca di risposte nuove alle domande che l’oggi pone a chi ha il compito di educare in ambito scolastico. Compito che, per inciso, appartiene alla sfera delle scelte e non a quella della casualità o della costrizione. Chi, come è per me fino a questo momento, decide oggi di spendere la sua vita professionale come docente non può certo favoleggiare un ritorno alla propria infanzia, quando sui banchi di scuola c’eravamo noi, in un’età dell’oro di cui abbiamo dimenticato (o rimosso) i dettagli meno nobili.

Nativi digitali per comodità degli adulti

Parliamo dello smartphone. Appendice delle mani e della vita stessa della stragrande maggioranza degli uomini esmartphone delle donne del nostro tempo, di genitori, maestri e professori. Nei luoghi della socializzazione inter ed intragenerazionale i bambini e i ragazzi vedono intorno a sé adulti impegnati nella navigazione su facebook, nelle chat su whatsapp, nella scrittura misurata di tweet definitivi. I macDonald di ultima generazione hanno schermi per la navigazione al centro dei tavoli, nei ristoranti e nelle sale di aspetto dei pediatri è consuetudine che bimbi di due anni vengano tenuti in stato narcotico grazie a youtube e videogiochi. Nativi digitali per comodità degli adulti.

Ma non è solo la prassi ormai usata ed abusata della navigazione in rete e dell’intrattenimento per via tecnologica a rendere fuori contesto il divieto assoluto posto dall’opinionista. Ci sono ormai diverse sperimentazioni didattiche, molto qualificate ed oggetto di valutazioni attente sia sui processi di apprendimento che sui risultati, che fanno riferimento alla didattica cooperativa, attiva e di impianto costruttivista, che utilizzano, soprattutto nella secondaria di primo grado (la scuola media, per dirla in modo divulgativo) tablet e applicazioni specifiche per lavorare sulla ricerca, la creazione di elaborati che facciano sintesi degli apprendimenti, la comunicazione a distanza con partner di diverso profilo. Penso anche solo al lavoro delle scuole della Rete Senza Zaino o alle Flipped Classrooms, ma altre esperienze meno diffuse applicano principi analoghi.

Quale processo viene agevolato dall’uso dello smartphone e quali vengono invece ostacolati?

smartphoneCredo che il tema sia sempre quello di un’educazione che non scelga la scorciatoia del divieto generalizzato che serve solo ed in maniera illusoria a chi proclama l’editto; men che meno è virtuoso un divieto a senso unico, contraddetto nella pratica dagli adulti che, in questo caso, usano spesso gli smartphone senza alcun criterio, senso del limite e del contesto. Se vogliamo pensarci come educatori, cioè responsabili della costruzione nei più giovani della capacità di scegliere come stare al mondo con un criterio di senso, allora prima di tutto di un criterio dobbiamo essere testimoni e poi dobbiamo, e perdonate la ridondanza di concetti già citati, allenare al pensiero critico. Il cellulare a scuola si può portare ed usare o no? La risposta buona è, come quasi sempre, DIPENDE. Quale processo viene agevolato dall’uso dello smartphone e quali vengono invece ostacolati?

la scuola deve (dovrebbe) diventare il luogo in cui fare uso consapevole di quegli strumenti, il luogo dove deve essere obbligatorio portare lo smartphone per imparare ad usarlo e non a farsene usare

E poi sì, forse val la pena partire da ciò che un fenomeno così macroscopico dice di sé, di noi, di loro (i nostri ragazzi). Cosa dice dei cambiamenti in corso, quanto li condiziona e quanto ne è effetto. Viviamo oggi in un mondo che è tale anche per l’impatto a volte determinante dei social e della rete in generale sulle nostre vite e sulle nostre scelte; possiamo davvero pensare che la scuola diventi una zona franca, ripulita da queste dinamiche? O forse deve diventare il luogo in cui fare uso consapevole di quegli strumenti, il luogo dove deve essere obbligatorio portare lo smartphone per imparare ad usarlo e non a farsene usare.

Un curricolo di uso consapevole dello smartphone, per non abboccare a tutte le varie bufale, per non essere vittime facili del cyberbullismo, per riconoscere i limiti della comunicazione e della relazione virtuale, perché la rete possa essere una risorsa per conoscere e comprendere. Questo vorrei, Ministro, che la scuola sapesse insegnare ad usare uno strumento che è in tutte le nostre tasche, a padroneggiarne il linguaggio e i codici impliciti ed espliciti. Senza mai girarsi dall’altra parte, come accadrebbe semplicemente tenendo fuori smartphone e domande.

Tutti gli articoli pubblicati di Sonia Coluccelli sui dieci punti della lettera di Galli della Loggia:
1 – a partir dalla pedana per parlar di democrazia
2 –
tutti in piedi l’illusoria idea di obbligare al rispetto
3 –
autogestioni: pretesti per non studiare o momenti formativi?
4 –
fuori le famiglie dalla scuola? L’equivoco del genitore cliente
5 –
riunioni e consigli, tra burocrazia e confronti necessari
6-
Il mito delle scuole giapponesi, tra pulizie e responsabilità
7-
Una scuola senza smarthone, falso vituosismo
8-
Letture di ordinanza o diritti del lettore (e del docente)?
9-
E se non parlassimo di gita, ma di viaggio?
10-
Il nome della scuola: semplice lustro o scelta consapevole?